La piramide delle età è quella classificazione non convenzionale ampiamente descritta nel Rapporto annuale 2016 dell’Istat che rappresenta la distribuzione della popolazione residente per età e sesso nel corso del tempo. Solitamente la popolazione è riportata per classi quinquennali di età sull’asse Y, mentre sull’asse X sono riportate le barre a specchio con i maschi a sinistra e le femmine a destra. In generale, la forma di questo tipo di grafico dipende dall’andamento demografico degli abitanti, con variazioni visibili in periodi di forte crescita demografica o di cali delle nascite per guerre o altri eventi.
Per il Friuli Venezia Giulia abbiamo un grafico dalla forma simile, che ricorda appunto una piramide. Il vertice è in corrispondenza degli anni ’60, cioè quelli che coincidono con il momento del boom demografico quando a cavallo di quel decennio nella nostra regione la popolazione aveva toccato la cifra di 1.226.000 residenti.
Successivamente, tra il 1968 e il 2019, il numero di abitanti in FVG è cambiato di poco passando da 1.217.000 a 1.215.000, ma, se il totale della popolazione è rimasto quasi immutato, la sua composizione e le sue caratteristiche sono variate notevolmente. Il fenomeno demografico che ha impattato e impatta più profondamente è sicuramente l’allungamento della vita e l’aumento della speranza di vita a tutte le età. Un neonato del 1974 nasceva con una prospettiva di vita di poco meno di 72 anni. Oltre quarant’anni dopo, un neonato del 2019 nascerà con la prospettiva di arrivare a 83 anni.
Ultima considerazione: le conseguenze del Covid sull’attuale trend statistico negativo. Come nel 1986, quando la nube di Chernobyl, un episodio catastrofico ma di breve durata e dalle conseguenze economiche marginali, aveva provocato in Italia un calo significativo sulle nascite nove mesi più tardi, anche nel 2021 dovremmo aspettarci qualcosa di simile, aggravato inoltre dalle nefande conseguenze dirette della malattia. Roberto Impicciatore, professore di Demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche “P. Fortunati” dell’Università di Bologna, calcola che nel 2020 il calo delle nascite potrebbe andare dal 2% al 10%; nello scenario più negativo si scenderebbe dunque al di sotto della simbolica soglia delle 400mila nascite, quella che l’Istat, prima dello scoppio della pandemia, aveva previsto solamente nel 2032.