“Accordo storico” è stata definita dai leader europei l’intesa di principio, uscita dal G7 finanziario di Londra del 6 giugno scorso, di applicare un’aliquota globale minima di almeno il 15% su tutte le imprese multinazionali e di tassare il 20% della quota eccedente il 10% dei profitti nei Paesi in cui vengono realizzati. Usa, Canada, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, pertanto, a favore di una tassazione sugli utili delle Multinazionali tra il plauso dei sostenitori del neoliberismo opprimente, mascherato di buone intenzioni. Noi del Comitato Stop TTIP, abituati a monitorare il potere delle Multinazionali, non siamo soddisfatti di un sistema fiscale che arricchisce anche stavolta con questa misura i vincitori dell’economia di mercato e mantiene salari pessimi e tasse stratosferiche alle persone fisiche.
Di cosa parliamo quando diciamo multinazionali?
Secondo il rapporto 2020 “Top 200. La crescita del potere delle multinazionali”2, elaborato dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo, le imprese multinazionali sono 320.000 e occupano 130 milioni di dipendenti, pari al 4% degli occupati mondiali. Il loro fatturato è pari a 132mila miliardi di dollari, con profitti netti pari a 7.200 miliardi di dollari. Il 14% di questo fatturato è coperto dalle prime 200 imprese multinazionali.
Tra gli azionisti delle prime 10.000 di queste società figurano per il 41% investitori istituzionali (assicurazioni, fondi di investimento, fondi pensione), per il 27% azionariato diffuso, per il 14% investitori pubblici, per l’11% imprese private e per il 7% investitori individuali.
I primi dieci fra gli investitori istituzionali gestiscono da soli il 57% della ricchezza totale finanziaria, mentre tra gli investitori pubblici, è il capitale pubblico cinese a fare la parte del leone (57%).
Come evidenziano i dati, siamo in presenza di una ricchezza enorme, sempre più concentrata in poche mani, ma non è chiaro quanta di questa ricchezza ritorna alla collettività attraverso le tasse.
Come praticano le Multinazionali l’elusione fiscale?
Per ridurre il carico fiscale, le multinazionali utilizzano diverse tecniche. Quella più semplice consiste nella creazione di una società controllata con sede in un paradiso fiscale, in cui spostare gli utili conseguiti dalle altre società del gruppo.
Un’altra tecnica è quella del transfer pricing, che consiste nell’effettuare transazioni (prestiti, cessioni di marchi e brevetti o servizi) tra società che fanno capo a una controllante che ha sede in un paradiso fiscale.
Nessun paese europeo rientra nella cosiddetta “lista nera” dei paradisi fiscali adottata dal Consiglio d’Europa. Eppure, non c’è alcun dubbio che alcuni Stati membri dell’UE svolgano un ruolo centrale nel trasferimento di capitali verso giurisdizioni a fiscalità privilegiata.
Lo conferma la “Relazione sui reati fiscali e l’evasione” del Parlamento Europeo, che evidenzia come l’elevato livello di investimenti esteri rispetto al Pil in Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Olanda sia solo in parte spiegato da attività economiche effettive.
Parte degli investimenti esteri è destinato, infatti, a sussidiarie o “società a destinazione specifica”. Si tratta di società “buca-lettere”, cioè entità giuridiche senza consistenza fisica e che non svolgono alcuna attività economica reale, costituite per minimizzare il carico effettivo globale delle multinazionali.
Quali proposte per ovviare a un ineguale sistema fiscale che favorisce le grandi Società e crea differenze tra gli Stati?
Per Oxfam l’accordo su una tassazione minima è iniquo e andrebbe subito rialzata al 25%, avvantaggerà i paesi ricchi dove hanno sede la maggior parte delle grandi multinazionali come Amazon, Pfizer, Bayer e Monsanto; per di più, la misura è stata decisa nel gruppo G7 da un numero ristretto di Stati. Proprio a questi Paesi del G7 andrebbero più del 60% delle entrate con un forte aumento dei proventi e con una forte discriminazione tra i Paesi in cui le Multinazionali hanno sede e quelli dove operano.
La partita in corso è giocata solo sulle cifre o è una partita politica?
Il Tax Justice Network, un osservatorio sulla Giustizia fiscale ci fa capire come la partita sia giocata sul piano politico. Ci ricorda come potenze coloniali come il Regno Unito e l’Olanda sono state determinanti nella creazione di un “sistema fiscale globale abusivo che oggi deruba i Paesi a basso reddito, dove vive la metà della popolazione mondiale, di tasse equivalenti a più della metà dei bilanci dei loro sistemi sanitari pubblici”
Ancora una volta,
Ingiustizia è fatta!
- Marco Bersani, “G7: le multinazionali vanno in paradiso (fiscale)”, inviato su Società della Cura
- Roberto Ciccarelli, “Dure critiche all’intesa tra Paese dominanti, il manifesto, 6 giugno 2021
- Anna Maria Merlo, La promessa del G7”, il manifesto, 6 giugno 2021