Ricordano le parole della canzone popolare “Alla fiera dell’Est” di Branduardi ma quelle di Fabio Folisi su Friulisera descrivono fantasticamente bene le realtà: “arriverà presto la rivoluzione dell’assistenza. Nasceranno i COT al posto del CUP, ai quali si accederà tramite i nascenti PUA, collocati all’interno dei CdC, eredi dei CAP che dovrebbero operare già da quattro anni ma che in realtà sono scatole vuote.” L’ultima puntata della soap sudamericana sulla Servizio Sanitario Regionale è questa ma è bene fare un piccolo salto indietro nel tempo per fare il riassunto delle puntate precedenti.
Il servizio sanitario pubblico è stato sedotto, tradito e abbandonato dalla coppia Fedriga Riccardi: alcuni giorni fa a Monfalcone è stato assegnato, vista la carenza di medici, il servizio di continuità assistenziale (meglio nota come guardia Medica), per sei mesi a una cooperativa privata. E come se non bastasse quei pochi che ci sono scoprono dall’ultimo report del ministero dell’Economia, di essere i meno pagati d’Italia.
Non più di un mese fa la Sanità regionale è andata in cortocircuito. La Direzione centrale salute e l’Arcs (Azienda regionale di coordinamento per la salute) hanno bocciano e restituito al mittente (ovvero alle Aziende sanitarie Friuli Occidentale, Friuli Centrale e Giuliano Isontina, a Burlo e Cro) gli atti aziendali, i “quali evidenziano la non compatibilità delle proposte presentate e impediscono il rilascio del nulla osta”. La Direzione ritiene necessario un nuovo percorso “idoneo a garantire il rispetto della compatibilità economico-finanziaria degli atti aziendali nonché l’adeguatezza della strutturazione e dell’organizzazione dell’assistenza territoriale delle Aziende anche in relazione alle linee di sviluppo delineate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”. Non è un semplice vizio di forma, è una vera e propria nota per non aver fatto bene i compiti per casa.
Intanto i punti di intervento sanitario periferici rimangono debilitati per il personale sanitario trasferito nel corso della pandemia per supportare in altri servizi, i Pronto Soccorso sono sempre intasati e i medici di famiglia impossibilitati a seguire i troppi pazienti a cui sono assegnati.
Giorno dopo giorno la telenovela ha una nuova puntata ma l’unica costante è che sebbene le grida di allarme di personale e sindacati, l’assedio al servizio sanitario pubblico si presenta sempre identico.