Ed ecco in arrivo per noi tutti, gente di poca fede, un formidabile vagone di soldi, accompagnato dal coro degli imbonitori di turno che promettono somme di denari per tutti, proprio nel momento peggiore, quando tutti siamo fragili per le speranze calpestate dalla pandemia. Il piano europeo, Next Generation EU, non punta a tutelare le generazioni che verranno, né a garantire il futuro della vita sul pianeta. E così pure il Recovery Plan del Governo italiano. In opposizione, è nata la risposta di Gruppi e Associazioni in convergenza “Per una società della Cura”, con la scrittura di un documento alternativo, il Recovery PlanET, costruito dal basso in modo partecipato, 13 temi per costruire una nuova società.
Cos’è il Next Generation EU?
Sempre più chiara sta diventando la fotografia del Next Generation EU, l’insieme di fondi, prestiti e trasferimenti, con relative condizionalità, che la Commissione Europea metterà a disposizione per fronteggiare la profonda crisi economica, sociale e sanitaria, evidenziatasi con la pandemia, un documento dai contenuti vagamenti ecologici che vanifica i sogni di chi vuole un’effettiva tutela dell’ambiente e una lotta alle disuguaglianze.
Già nel 2018, la Commissione Europea aveva lanciato l’”Action plan on sustainable finance” un corpo di regole per definire cosa significasse un investimento finanziario sostenibile dal punto di vista ecologico, predisponendo una classificazione delle attività economiche, piano che dovrebbe poi diventare operativo nel 2022.
In base a questo primo elenco della Commissione, risulterebbero sostenibili sia gli investimenti relativi al gas come fonte energetica nonostante gli effetti climalteranti, sia la bioenergia prodotta dalla combustione degli alberi sia le centrali idroelettriche, nonostante i danni alla biodiversità, e persino i fondi alla plastica, se prodotta con processi di riciclaggio chimico con standard minimi di emissioni.
Per di più, il Centro comune di ricerca, emanazione della Commissione Europea, si appresta a sdoganare come investimento verde anche i finanziamenti all’energia nucleare. Si afferma a questo proposito: “…le analisi non hanno rivelato alcuna prova scientifica che arrechi più danni alla salute umana o all’ambiente rispetto ad altre tecnologie di produzione di elettricità” e per di più “…lo stoccaggio dei rifiuti nucleari in formazioni geologiche profonde è appropriato e sicuro.”.
E il Governo italiano sta seguendo questa linea?
Il Governo Draghi, sulla base di quelle indicazioni, sta predisponendo il Recovery Plan, un piano che” risolverà ogni male”, proprio per l’accesso ai fondi europei. Anche il Governo italiano prevede singolari proposte che vorrebbero essere “green”, tra cui il pieno sostegno alle Grandi opere, il rifiuto ad eliminare i sussidi ambientalmente dannosi relativi alle fonti fossili e persino la destinazione di fondi anche per nuovi armamenti (forse green per il colore!). I termini usati per definire questo modello sono crescita-concorrenza-competitività, le incaute scelte di sempre per sostenere i profitti di pochi e accelerare la predazione di risorse naturali e la disuguaglianza sociale.
Il tutto elaborato da una ristretta cerchia di “esperti” iperliberisti e il supporto tecnico e strategico di una grande società di consulenza, in linea con una vecchia ideologia che non suggerisce alcuna inversione di rotta.
C’è qualcuno che dice no?
Ma c’è chi dice no: da diversi mesi, oltre 1800 aderenti collettivi e individuali hanno avviato un percorso di convergenza per uscire dall’economia del profitto e costruire la società della cura e, dopo un intenso lavoro di incontri tematici hanno messo a punto un “Recovery PlanET” (qui i documenti completi), un piano alternativo di proposte per contrapporre il ‘prendersi cura’ alla predazione, la cooperazione solidale all’isolamento, il ‘noi’ dell’eguaglianza agli interessi di dominio di pochi.
Da quel centinaio tra persone e realtà nasce un percorso di confronto che, dopo meno di un anno di lavoro, insieme e due mobilitazioni, il 21 novembre e il 22 dicembre, ha lanciato un Manifesto comune per reindirizzare 175 miliardi dell’ultima Legge di bilancio verso un cambiamento radicale di direzione delle politiche locali e nazionali per non lasciare nessun@ indietro.
Anche noi del Comitato Stop TTIP di Udine abbiamo partecipato ai 13 gruppi tematici. Il 10 aprile torneremo a mobilitarci per presentare a istituzioni e territori il nostro Recovery Planet: un Piano nazionale di transizione verso la Società della cura, la nostra alternativa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo.
Quali richieste?
È in questa chiave che si integrano con coerenza l’esigenza di ripubblicizzare i servizi pubblici locali a partire dall’acqua, a dieci anni dal referendum popolare che lo ha chiesto, riscrivere la Strategia nazionale della biodiversità, il Piano nazionale integrato per energia e clima, la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile tagliando le emissioni almeno del 7,6% l’anno come chiedono le Nazioni Unite, abolendo i sussidi ambientalmente dannosi ma introducendo anche tassazioni penalizzanti dei prodotti più inquinanti che gravino sui profitti degli azionisti.
Abbiamo bisogno di un reddito universale, che renda più forte anche individualmente i lavoratori dipendenti e autonomi sul mercato, mettendoli in grado di rifiutare lavori indecenti. Reddito universale, lavoro di qualità in termini di diritti e riduzione del tempo di lavoro determinerebbero un rialzo della domanda aggregata e una ripresa produttiva e dell’occupazione.
In particolare, l’occupazione femminile, la più danneggiata dal lockdown, deve essere incentivata da periodi di maternità prolungati e congedi parentali finanziati dalla spesa pubblica, da un effettivo assegno unico universale per ogni figlio a carico, da più efficaci servizi sociali e un migliore bilanciamento dei tempi di lavoro e di vita.
E’ urgente intervenire nel trasporto pubblico, non solo potenziandolo ma invertendo la tendenza verso l’aziendalizzazione e la privatizzazione che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Va rilanciato il modello di scuola pubblica previsto dalla Costituzione, basato su libertà di insegnamento. I fondi previsti per la sanità vanno non solo aumentati, ma destinati anch’essi ad invertire la tendenza verso l’aziendalizzazione della sanità pubblica e la sua privatizzazione, che sono stati tra le cause principali dell’altissima mortalità in Italia rispetto al numero degli abitanti. Inoltre, è assurdo che l’UE abbia finanziato la ricerca sui vaccini senza che vengano messi effettivamente a disposizione di tutti: l’esclusiva ventennale dei brevetti va messa in discussione.
Fonti, articoli di Marco Bersani e Monica Di Sisto, testi dei 13 Gruppi di lavoro per il Recovery Planet