Con l’arrivo dei quasi 1,3 miliardi di euro di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza assegnate al Friuli Venezia Giulia, “si delinea il dettaglio del macro riparto che interessa il Friuli Venezia Giulia”, ha riferito l’assessore regionale alle Finanze, Barbara Zilli. Stiamo parlando di interventi nelle aree infrastrutture e trasporti, ambiente e territorio, politiche del lavoro, edilizia ospedaliera, assistenza sanitaria territoriale e digitalizzazione, patrimonio culturale e turismo. Se leggiamo ancora più nel dettaglio osserviamo come alla Regione vanno 363,6 milioni in ambiti molto diversi tra loro che spaziano dall’ edilizia residenziale pubblica alle infrastrutture portuali, alle reti ferroviarie e stradali, ciclovie e trasporti locali, fino alla mitigazione del rischio idrogeologico e alle politiche attive del lavoro. Anche i Comuni hanno la loro fetta di torta per progetti di edilizia residenziale pubblica, infrastrutture e chi più ne ha più ne metta.
Se abbandoniamo il punto di vista particolare della realtà locale e proviamo a vedere le cose con il filtro a grana grossa della realtà nazionale, che cosa troviamo? La pentola piena d’oro dei verdi folletti irlandesi alla fine dell’arcobaleno? Certamente no. Troviamo invece la manovra di bilancio appena approvata a Roma dall’esecutivo Draghi. Il documento, che è stato varato il 28 ottobre, è uno dei testi più importanti per definire l’orientamento di politica economica del governo; avrà come punto di caduta la cosiddetta legge di bilancio, che è quella conosciuta anche con il nome di finanziaria. È quindi con questo disegno di legge che il governo stanzia le risorse in arrivo, in totale circa 24 miliardi aggiuntivi che gli consentiranno di fare (manovrare) tutta una serie di interventi che vanno al di là della normale amministrazione della cosa pubblica e dello stimolo all’economia.
Se andiamo a cercare nei meandri della legge di bilancio troviamo nuovamente il nostro incubo peggiore: il famigerato saldo primario di bilancio, quello che Re Mario (*) vuole portare dal -6% del 2021 al -2,7% per il 2022. E non è finita qui. Come anticipato nella NADEF anche nel DPB ritroviamo per l’anno a venire una volontà di drastica riduzione del deficit pubblico, dal 9,6% al 5,6%. Quindi quello che con una mano ci viene dato, con l’altra ci viene tolto.
Nel prossimo anno si cercherà quindi di ottenere un sensibile contenimento del disavanzo pubblico attraverso l’accantonamento di avanzi primari così come i Trattati europei impongono per il rispetto del patto di stabilità e crescita, che è bene ricordarlo, è stato sospeso ma è lì sempre pronto a tornare non appena la Commissione o la BCE decideranno di liberarlo dalle catene. Volendo osservare gli eventi con una più lunga prospettiva possiamo dire che il Recovery and Resilence Facility ci ha regalato sei anni di pesanti condizionalità durante i quali saremo controllati a vista, e lascio a voi immaginare, chi e da dove sarà lì a farlo.
In Friuli Venezia Giulia tra il 2010 e il 2019 la spesa pubblica del sistema territoriale (Regione e Comuni principalmente) è stata decapitata di 10 miliardi di euro. Esemplare la dichiarazione dell’allora Presidente della Regione Debora Serracchiani, nell’annunciare la manovra del 2014: “una legge Finanziaria che fa i conti con una realtà fatta di risorse scarse, ma che non abbandona nessuno e guarda al futuro”, perché ha portato un taglio di 120 milioni di euro alla sanità e di 21 milioni di euro alle spese per le politiche sociali. Tutto mentre la disoccupazione passava dal 2% di pochi anni prima fino al 9%.
In questo autunno per niente caldo, non c’è nessuno che paventi l’uscita dall’euro. Lo spread a 110 non può giustificare, come ai tempi di Monti e la Fornero, riforme lacrime e sangue. Tuttavia il governo più destra della storia repubblicana, retto dal PUL (Partito Unico Liberale) non cambia il suo impianto di politica economica e progetta tagli allo stato sociale che passeranno con buona accettazione di tutto l’arco parlamentare e dell’opinione pubblica, attratta da altre manifestazioni di disagio.
La realtà, che non guarda in faccia nessuno, presenta il conto: il quadro emerso dall’ultimo monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità non promette nulla di buono, dato che comportamenti collettivi spregiudicati o libertini, come nei casi più evidenti delle continue manifestazione dei negazionisti del virus e dei contrari al green pass, rischiano di amplificare la diffusione del contagio soprattutto fra i non vaccinati e di accelerare quell’ andamento ciclico ad ondate di una pandemia che non vuole essere sconfitta. Ieri in Friuli Venezia Giulia su 2.149 tamponi molecolari sono stati rilevati 176 nuovi contagi con una percentuale di positività dell’8,19%. Le persone ricoverate in terapia intensiva sono rimaste 17, mentre i pazienti in altri reparti salgono a 115. Il punto debole rimangono sempre gli ospedali e quel Servizio Sanitario Nazionale che rischia di operare a metà servizio se non addirittura di incepparsi. In queste condizioni e con queste prospettive si torna a parlare di zone gialle e ulteriori limitazioni alle libertà.