Siamo sull’orlo di un abisso che una guerra orrenda sta scavando sotto i nostri piedi. C’è il rischio dichiarato da entrambi le parti in conflitto di un aggravarsi del quadro con la prospettiva di scenari ancora più tremendi, per numero di morti che si prospettano e per le ulteriori sofferenze che si ripercuoteranno su tutta la popolazione. Per dire che la guerra non si ferma con le armi, Sbilanciamoci e Rete Italiana Pace e Disarmo hanno lanciato un appello in tutte le piazze italiane a favore della mobilitazione diffusa, “Europe for Peace”, che culminerà in una grande manifestazione pacifista in programma a Roma il prossimo 5 novembre.
Venerdì scorso anche Udine ha deciso di non voltarsi dall’altra parte e chiamare tutti all’appello per preparare questa giornata di mobilitazione. Tanti hanno aderito alla manifestazione di piazza, non molti hanno risposto; forse distratti da quello che stava succedendo a Roma o semplicemente spaventati dalle pessime condizioni del tempo. Associazioni, movimenti, studentessə del Collettivo Studentesco Solidale e della Rete degli Studentə Medə , sindacati e partiti politici hanno fatto sentire la loro voce per chiedere la pace e la cacciata della guerra dalla storia. L’autrice e attrice di teatro Giuliana Musso ha letto alcune pagine del bellissimo libro “Maledetti pacifisti” di Nico Piro, accusa sincera e giustificata al partito unico della guerra che si attrezza e si prepara a farla sulla pelle della gente: con le aziende di stato, con tutto l’indotto che ne consegue, con l’intelligence sempre più impegnata e attenta a quei campi di battaglia dove si raccolgono ingenti profitti. È lo stesso Partito unico degli affari che occupa e occupava la quasi totalità del nostro parlamento. Da questo punto di vista a poco sono valse le scorse elezioni, veloci e blindate da una legge elettorale fatta per non cambiare gli ormai sedimentati interessi di potere costituiti: aumento delle spese militari al 2% del pil che tolgono ogni anno a scuola e sanità pubblica 13 milioni di euro, taglio del cuneo fiscale ad aziende ed imprese che costringono l’amministrazione pubblica a minor costi e peggiori servizi, blocco degli stipendi per tenere i lavoratori incatenati a condizioni di lavoro umilianti e servili.
Manifestare però non basta. Tutti a parole siamo buoni a dire di volere la pace a meno che non si sia uno di quelle carogne che sfruttano la loro posizione di privilegio per mantenere il potere in consigli di amministrazione aziendali o in gabinetti ministeriali che alla fine perseguono l’unico scopo: ricavare profitti da morte e distruzione. Tutti a parole siamo buoni a dire di volere la pace ma non basta. Dobbiamo anche dire che vogliamo la GIUSTIZIA. Dobbiamo dire che vogliamo la pace E la giustizia, ecologica e sociale. La speranza di vivere in un mondo migliore la troveremo giorno per giorno nelle lotte che possiamo e dobbiamo fare: quando riapre una centrale a carbone o se ne vuole costruire una a metano con l’illusione che non inquinerà e sarà bella da vedere, quando illuminati progettisti decidono di costruire una funivia su un terreno con vincoli naturalistici, quando vengono licenziati centinaia di lavoratori o si regalano soldi pubblici ad aziende che alla fine ringrazieranno e se ne andranno. Le armi per fermare la guerra come tutte le speculazioni finanziarie, che ne sono alla base, le abbiamo: ripristinare una tassazione realmente progressiva, stare dalla parte dei lavoratori, bloccare l’emorragia di finanziamenti che dalla sanità pubblica vanno a quella privata, potenziare servizi sociali e l’istruzione secondo principi solidali e universalistici.
Tra due settimane in molte piazze d’Europa, da Roma a Londra, da Parigi a Berlino la parte migliore della società manifesterà per un mondo migliore, libero dalle guerre e dai profitti di pochi, giusto e rispetto dei diritti di tutti che riaccenda la speranza in un futuro migliore. Noi ci saremo.