Si è tenuta a Paluzza il 5 giugno una manifestazione di protesta che cercava di sensibilizzare l’opinione pubblica della Carnia, ma anche della regione, su un nuovo intervento della società che gestisce l’oleodotto che da Trieste, attraversando la nostra regione e le alpi, arriva in Germania: la Siot.
Tale intervento ha la finalità di riconvertire e potenziare le stazioni di pompaggio situate a San Dorligo, Reana del Rojale, Somplago e Paluzza. Le ultime due sono quindi situate in Carnia.
Quella di Paluzza è stata la seconda manifestazione dopo quella che si è tenuta a Somplago l’8 maggio. La presenza di molti sindaci della Carnia in tutte e due gli incontri testimoniano i dubbi e le contraddizioni che questo dossier pone alle comunità locali ma soprattutto porta l’ennesimo grido di allarme dei comuni ad una classe politica che non li coinvolge e che calpesta salute ambiente e democrazia per salvaguardare solamente i profitti delle solite multinazionali.
Uno dei punti principali, che ha messo in moto comitati e associazioni locali ed ambientali, è stato il coinvolgimento marginale della Carnia per l’avvio delle procedure autorizzative delle nuove centraline.
Nonostante la presenza a Paluzza di molti sindaci e consiglieri regionali tra cui il vice presidente della regione Mazzolini, l’evento non sembra aver attirato l’interesse dei media. Ed è piuttosto singolare visto che stiamo parlando in un’infrastruttura, quella dell’oleodotto, che vede passare circa 37 milioni di tonnellate di greggio ogni anno con un valore complessivo di decine di miliardi di euro a seconda del prezzo del barile.
Facendo una breve storia dell’oleodotto vediamo che il Friuli Venezia Giulia rappresenta solo una zona di passaggio visto che il petrolio trasportato va a soddisfare la sete di energia della Germania meridionale, principalmente Baviera e Baden-Württemberg, dell’Austria e della Repubblica Ceca.
La Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino S.p.a. (S.I.O.T.) è una delle tre che compongo la TAL (Transalpine Pipeline), le altre sono la; Transalpine Ölleitung in Österreich Ges.m.b.H. in Austria e la Deutsche Transalpine Oelleitung G.m.b.H. in Germania. La compagine societaria è composta dalle primarie compagnie petrolifere ed energetiche occidentali: OMV, Shell, Rosneft, ENI, C-BLUE B.V. (Gunvor), ExxonMobil, Mero, Phillips 66/Jet Tankstellen e Total.
Stiamo quindi parlando di un’infrastruttura con importanti risvolti sia economici che politici. Questi ultimi non secondari soprattutto nell’attuale pesante clima di scontro con la Russia dovuto alla guerra in Ucraina.
Tornando però alle vertenze locali, questo è uno degli esempi di situazioni di attrito tra le comunità che vedono il passaggio di strutture al servizio di vitali interessi per milioni di persone e di aziende che avrebbero grossi problemi dai mancati approvvigionamenti e gli altrettanto importanti interessi di chi pur accettando l’attraversamento nei suoi territori di queste installazioni, vorrebbero però veder riconosciute e tenute in debita considerazione le proprie necessità.
Necessità codificate anche da trattati internazionali che tutelano situazioni fragili come le Alpi. Sarebbe auspicabile che questa particolare vertenza trovi presso il decisore politico orecchie attente e che mettano le comunità locali in condizione di poter dire la loro sui progetti che vanno ad impattare nel proprio territorio. Ma soprattutto per regolare anche in futuro situazioni simili senza dover fare delle manifestazioni per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Il bilanciamento degli interessi dovrebbe trovare strumenti adeguati per gestire al meglio le necessità di tutti.